Nonno Teresio

Nonno Teresio

La Rosina e io oggi abbiamo saputo che la pandemonia si è presa anche Sepulveda. Sepulveda, la Rosina, non l’ha conosciuto. Ma io l’ho conosciuto, Sepulveda, perché Sepulveda veniva ad Asti. A me di Sepulveda, mi era simpatico a mille il nonno, quello anarchico che lo faceva pisciare sugli scalini della chiesa e poi si picchiava con il prete. Che ci fossimo conosciuti io e il nonno di Sepulveda sai che scherzi che facevamo a don Boero Cornacchione? Sarei diventata subito la nipote preferita a mille del nonno di Sepulveda. Il nonno di Sepulveda se conosceva me da piccola, Sepulveda non lo considerava neanche più. A me del nonno di Sepulveda, m’era piaciuto a mille anche quel regalo del biglietto per andare da nessuna parte. Che è molto d’attualità durante la pandemonia, andare da nessuna parte. Forse il nonno di Sepulveda se l’immaginava già la pandemonia e che sarebbe diventato di moda regalare un biglietto per andare da nessuna parte. Mio nonno non mi ha mai regalato un biglietto per andare da nessuna parte. Mio nonno non l’ho mai conosciuto. Era il papà di mio papà e si chiamava Teresio. Teresio era del 1915. Faceva il contadino a Barcara di Refrancore e gli piaceva andare a cavallo. Saltava il cannone con il cavallo. Io c’avrei paura a saltare il cannone con il cavallo. Perché Teresio è andato a fare la campagna di Russia, quella che sono tornati in pochi. Che io, adesso che c’è la pandemonia, ogni tanto me lo dico: se ce l’ha fatta mio nonno a tornare dalla campagna di Russia, ce la faccio anch’io a passare la pandemonia. Che mio nonno non aveva neanche il freezer pieno che ho io, quando ha fatto la campagna di Russia. Della campagna di Russia, mio nonno mi ha lasciato un regalo: il regalo non è un biglietto per andare da nessuna parte, ma è un diario. Perché mio nonno faceva come me che tutti i giorni di guerra scriveva un appunto. Lui però, non aveva la Rosina. Mio nonno era da solo. Mio nonno aveva fatto solo la terza elementare, ma scriveva bene a mille, che non ci puoi credere che aveva fatto solo la terza elementare tanto scriveva bene a mille. Così ho scoperto che mio nonno è partito nel 1942 come sergente di fanteria. Il diario non ve lo racconto tutto, vi racconto una scena del diario che ha mi colpita. Mio nonno, in Russia, ci è andato con gli zoccoli che quando è tornato aveva tutte le dita dei piedi congelate. Mio nonno ha patito il freddo, tanto freddo, e la fame, tanta fame. Io almeno durante la pandemonia, non patisco né il freddo né la fame. Una notte, mio nonno che aveva tanto freddo e tanta fame, è entrato in una isba. Che le isbe sono quelle case dove abitano i russi. È entrato in una isba perché voleva qualcosa da mangiare. E cercando qualcosa da mangiare, ha trovato una pagnotta di pane in un armadio. Oh che bella una pagnotta di pane! Mio nonno era al settimo cielo. Ci voleva poco per essere al settimo cielo in Russia, di notte, d’inverno e in guerra. Poi mio nonno, dal settimo cielo, si è girato e da una porta, al buio, ha visto gli occhi di una mamma e di due bambini. Proprio così ha visto mio nonno: gli occhi di una mamma e di due bambini che lo guardavano. Sono bastati quegli occhi di una mamma e di due bambini che lo guardavano, a fargli riposare il pane nell’armadio e a uscire dalla isba con la fame, al freddo, nella notte, in guerra. Mio nonno non l’ho mai conosciuto. Di lui scriveva “sono apolitico e detesto ogni tipo di propaganda”. Ma di sicuro, non avrebbe apprezzato come il nonno di Sepulveda gli scherzi che facevo a don Boero Cornacchione. Mio nonno Teresio non mi ha mai potuto regalare un biglietto per andare da nessuna parte. Ma a suo modo un regalo me l’ha lasciato: gli occhi di una mamma e di due bambini che lo guardavano nella notte, che lui aveva fame e freddo ma quegli occhi gli hanno fatto riposare il pane nell’armadio e uscire dalla isba con la fame, al freddo, nella notte, in guerra.