Scalare l’Everest coi patin

Mentre aspettavamo l’esito del tampone, la Rosina e io, abbiamo ricevuto un messaggio di  Emanuela . Sul messaggio di Emanuela, c’era scritto: imbocca il lupo. Sì, proprio così: imbocca il lupo. Non si è sbagliata Emanuela, voleva proprio scriverci: imbocca il lupo. Che ci siamo immaginate, lì, il povero lupo affamato, e io e la Rosina che lo imboccavamo il povero lupo affamato. Il povero lupo affamato era felice che lo imboccavamo, la Rosina e io. Perché lui, il povero lupo affamato era un po’ infelice ma se lo imbocchi il povero lupo affamato diventa felice. E allora questa cosa che il povero lupo affamato diventa felice se lo imbocchi, ci piace a mille a me e alla Rosina. Anche a Emanuela piace a mille imboccare il povero lupo affamato e da quando, una signora le ha scritto “imbocca il lupo”, lei il povero lupo affamato lo imbocca sempre. E anche io e la Rosina abbiamo deciso che imboccheremo sempre il povero lupo affamato. Imbocca il lupo avrebbe potuto dirmelo mia nonna Alida. Mia nonna Alida mi diceva: metti lo scot. Ve lo ricordate lo scot? Cosa vi mettete voi se uno vi dice: metti lo scot? È come la prova della cadrega. Dite la verità. Chissà uno cosa si mette addosso pensando allo scot. Lo scot, per mia nonna Alida, era la canottiera. È un po’ come il cicles. Che diteglielo a uno che non è piemontese, metti in bocca un cicles. Chissà cosa si mette in bocca. L’altra mia nonna, che si chiamava Rosina come la Rosina, quando mi diceva “prendi l’apparecchio”, poteva voler dire due cose: prendi l’aereo oppure prendi l’accendino. La nonna di Elena, quando si serviva da sola, diceva “faccio selv-serf”. E quando saliva in macchina, diceva: “mi metto la cinghia”. Che la cinghia era la cintura. Per le nostre nonne, il colore era solo ed esclusivamente uno: il maron. Il maron è stato il colore della mia infanzia. Il tipico colore dei nonni piemontesi. Chissà come le mie nonne avrebbero detto lockdown. Sono curiosa di sapere quanti modi di dire lockdown avete sentito voi. Io adesso ve li racconto quelli che ho sentito io. Il primo modo di dire lockdown che ho sentito io è stato: “look down”, guarda giù. Che se ci pensate bene, ci sta eh. Poi ho sentito nell’ordine: slowdown, rallenta; breakdown, abbattersi; showdown, resa dei conti; letdown, deludere. Che se ci pensate bene, ci stanno tutti eh. Io però, ne ho due preferiti: il primo è “black down”, che è bellissimo; il secondo che è più bello a mille è “download”, scarica. Download avevo cominciato a dirlo anch’io, poi mia mamma si vergognava a venire in giro con me e allora ho smesso. Un altro modo per dire lockdown lo dice la mia amica Giuliana. Lei dice: scalare l’Everest coi patin. Che rende l’idea scalare l’Everest coi patin perché non dev’essere proprio comodo scalare l’Everest coi patin. Mi viene il paté d’animo, come diceva la Ietta Antonietta, l’amica di mia mamma che era una vera maestra nel trasformare le parole. Mia nonna in confronto era una dilettante. I patin sono le ciabatte dei piemontesi e, con la pandemonia, sono quotati a mille. È la scarpa più indossata del download. Non dite a mia mamma che dico download che si vergogna. Io scalo l’Everest con due versioni: una fucsia per casa, una verde per il giardino. Voi che patin avete? La vera esperta di patin, però, è Marianna. Ve la ricordate Marianna, la mia socia? Marianna era già esperta di patin prima della pandemonia. Che  Piermassimo e io, ogni tanto, le dicevamo: ma Marianna santa, ma proprio coi patin devi uscire? Una volta è andata coi patin anche a Londra. E invece, vedete, lei era già avanti. Lei lo sapeva che i patin sarebbero diventati di moda. È un po’ come quando noi astigiani vedevamo uno in macchina, con le luci accese di giorno e dicevamo: toh, guarda un cuneese! E, poi, zac, hanno messo l’obbligo delle luci accese di giorno in macchina e i cuneesi erano già avanti come Marianna! D’ora in avanti bisognerà fare come Marianna e i cuneesi: indossare i patin e accendere le luci, sperando che la punta dell’Everest non sia poi così lontana.