Le cose strane della pandemonia

Gina la Tabachina

Tutti facciamo delle cose strane durante la pandemonia. Io parlo con la Rosina. Ieri, la mia amica Anna Pesenti che abita in un appartamento a Milano, mi raccontava che scende le scale del palazzo, poi risale, si suona il campanello e poi apre la porta e dice: Buongiorno signora Pesenti, come sta oggi? Anche voi fate delle cose strane durante la pandemonia? Le cose strane, durante la pandemonia, si possono fare. Sono sdoganate dalla pandemonia le cose strane. La Franca, la mamma di Francesca Bridget, a Pasqua mi pensava e si è sbagliata: ha innaffiato il capretto con il limoncello. Ha detto comunque che era buono il capretto con il limoncello. La Franca, le cose strane, le faceva già anche prima della pandemonia. Per esempio, la Franca va sempre a dormire presto così sogna di essere giovane: scia, tromba, nuota tanto nel mare, trasloca, restaura. Poi si sveglia ed è stanca. Nei paesi, è più difficile che uno si accorge se fai le cose strane. Nei paesi, le cose strane potevi farle già anche prima della pandemonia. Nei paesi, è normale che ci sia qualcuno che fa le cose strane anche se non c’era ancora la pandemonia. Uno che mi sembrava strano, da piccola, lo chiamavano Butin. Lui si chiamava Angelo ma tutti lo chiamavano Butin. Butin abitava a Viarigi e viaggiava su una vecchia spider decapottabile con i guanti. Lui era preciso, ma così preciso che per farvi capire com’era preciso una volta ha tolto tutte le finestre di casa così non si sporcavano i vetri. Butin parlava quasi solo per massime. La sua massima preferita era: “se tei nen bon a nua camti nen an tla acqua”. Se non sei capace a nuotare, non buttarti nell’acqua. Per lui esistevano tre tipi di persone: quelli che capiscono senza dir loro niente, quelli a cui le cose bisogna spiegarle e quelli a cui, neanche spiegandole, non capiscono. Un altro che, da piccola, mi sembrava un po’ strano era il Franco di Barcara di Refrancore. Il Franco è il marito della Piera. Il Franco è un amico di mio papà e fa il muratore. Lui parla in dialetto piemontese e parla veloce a mille. Che io, da piccola piccola, pensavo che il Franco fosse straniero tanto parlava il dialetto piemontese veloce a mille. Mi dicevo: chissà da dove viene questo amico di mio papà che mio papà conosce bene la lingua. Sempre a Barcara di Refrancore, c’erano due sorelle che erano un po’ strane: le chiamavamo le bucine ma loro non lo sapevano che le chiamavamo le bucine. Loro allevavano i polli e io la vedevo in giro la più giovane delle due bucine che parlava da sola. Che adesso, dopo la pandemonia, la più giovane delle due bucine potrebbe parlare da sola in giro senza che neanche te ne accorgi. Altre due sorelle che, da piccola, mi sembravano un po’ strane erano le “tabachine” di Refrancore. Tabachine con una c sola, le chiamavano. Erano le figlie della Gina, la tabaccaia, che io la Gina non l’ho conosciuta e la foto me l’ha data il Citte, Alberto. Ma le tabachine sì. Andavamo a comprare le caramelle dalle tabachine, che avevano ancora le caramelle nelle burnie di vetro. Una volta a mia mamma, mentre comprava, le hanno tirato dietro la carta igienica. Non c’era ancora la pandemonia, ma anche le tabachine ogni tanto facevano delle cose strane come se ci fosse già la pandemonia. Che tutti, già prima della pandemonia, facevamo delle cose strane nei paesi. E nei paesi, le cose strane potevi farle prima e le potremo fare anche dopo la pandemonia. Che se la mia amica Anna di Milano, dopo la pandemonia, vuole poi venirsi a chiedere qui “buongiorno signora Pesenti, come sta oggi?”, volevo dirle che a noi va bene, che venga pure, che qui nessuno le dice niente se lei si chiede anche tutti i giorni: “buongiorno signora Pesenti, come sta oggi?”.