Elena

La Rosina oggi è arrabbiata con me. Ma arrabbiata tantissimo eh. Che abbiamo rischiato di non fare l’uovo, oggi. Voleva vedere la neve e s’è impuntata che ero stata io che avevo cambiato le previsioni del tempo. Che mi ha visto che facevo la danza per scacciare la neve. La neve, la voleva vedere perché, la Rosina, la neve non l’ha mai vista. Io, la danza per scacciare la neve, l’ho fatta per davvero. Non che non mi piaccia la neve. Anzi, la neve l’adoro assai. Della neve, mi piace tutto. Della neve, mi piace il silenzio quando scende. Anche se da quando c’è Olivia, è un po’ che non lo sento il silenzio della neve, perché Olivia abbaia. Della neve, mi piace che fai gli stampi. Mi ha insegnato Carussin Bruna Ferro a fare gli stampi nella neve. Lei è una professionista dello stampo su neve. Cadi a peso morto e lasci il tuo stampo. Ce ne dev’essere un po’ di neve, perché sennò ti fai male. Della neve, mi piace il ricordo di quando non si andava a scuola. Che adesso il coronavirus, alla neve, ci fa un baffo. Della neve, mi piace tutto ma non che venga al 30 marzo. Al 30 marzo, io non ce la posso fare. Che già c’è il coronavirus, ci manca pure la neve. C’ho messo un po’ oggi a calmarla, la Rosina. Ma adesso è tranquilla. E allora, le ho promesso che la neve la vediamo poi il prossimo inverno. Che, giuro, la porto in montagna a vedere la neve. Lo faccio solo per la Rosina. A me, di andare in montagna a vedere la neve, me ne frega proprio niente. A me, la montagna piace d’estate con quel venticello fresco fresco al rifugio che ti fa piacere mangiare un bel piatto di polenta e fontina anche a Ferragosto. Non solo adesso, anche da piccola ero già così. Facevo prima liceo e la scuola ci portò a Claviere: una giornata sulle piste da sci. La giornata sulle piste da sci a Claviere che aveva scelto la scuola, non era proprio quel tipo di giornata che ti viene voglia di iniziare a sciare se non l’hai mai fatto. Un vento! Un freddo! Una bufera che neanche il lupo delle nevi lo vedevi. Che io gli sci non li avevo mai messi ai piedi e figuriamoci se me li mettevo a Claviere con una bufera che neanche il lupo delle nevi lo vedevi. E poi io, ai piedi, avevo i mocassini. Capite: mia mamma mi ha mandato con i mocassini a Claviere nella bufera che neanche il lupo delle nevi lo vedevi. E questo già ti faceva capire la dimestichezza che la mia famiglia aveva con la neve in montagna. Ma, come sempre, in ogni problema c’è anche la sua soluzione. Che sarà così anche con il coronavirus. La mia soluzione di Claviere aveva un nome: Elena. Elena era una mia compagna di classe, che fino ad allora non c’eravamo mai filate. Elena abitava a Cortiglione di Robella d’Asti, che ci abita ancora, e lì il lupo delle nevi non ci va perché è troppo lontano. A Claviere, non ero l’unica ad avere i mocassini: anche Elena aveva i mocassini. Che la mamma di Elena aveva la stessa dimestichezza della mia con la neve in montagna. È stata questione di un attimo e, Elena e io, ci siamo riconosciute. La nostra giornata a Claviere con una bufera che neanche il lupo delle nevi lo vedevi, è finita in una trattoria a mangiare polenta e camoscio, e a bere dolcetto delle Langhe. Vicino a noi c’era una famiglia di giapponesi, che anche loro avevano i mocassini e mangiavano polenta e camoscio e bevevano dolcetto delle Langhe. Dai quei mocassini, è nato un sodalizio che dura ancora oggi. I professori, quando andavamo in gita, sapevano dove trovarci a me e a Elena: in trattoria. Non solo sapevano, alla fine, venivano con noi. Anche a Gardaland, l’anno dopo Claviere, non siamo andate sulle giostre: siamo andate in trattoria. Ci siamo andate con il direttore della scuola Andrea e con il professore di religione Parodi che era di Isola d’Asti. E abbiamo ordinato il Bardolino. Che mi torna ancora adesso in bocca il gusto di quel Bardolino. Quel giorno il professore di religione Parodi che era di Isola d’Asti ci ha insegnato a mettere il vino nel caffè. Elena e io, a sciare non abbiamo mai imparato e anche di religione non è che brillassimo, ma a mettere il vino nel caffè abbiamo imparato benissimo. Elena e io ne abbiamo fatte tante, ma così tante, che non si possono neanche ricordare tutte. Elena e io abbiamo imitato i professori. Lei imitava la professoressa di scienze, la Forno. Io imitavo il professore di storia, Penna. Che anche nelle classi dei più grandi ci chiamavano per imitare i professori. Che nelle classi dei più grandi, se non imiti i professori sta cippa che ti chiamano. A noi, invece, ci chiamavano. E anche i professori ci chiamavano per imitare i professori e ridevano. Il professore di religione Parodi che era di Isola d’Asti, una volta ha riso così tanto, che gli è scappata la dentiera. Elena e io, in comune, abbiamo avuto i mocassini, le imitazioni dei professori, le trattorie e il vino. Anche adesso che non mettiamo più i mocassini e non facciamo più le imitazioni dei professori, le trattorie e il vino ce li abbiamo ancora in comune. Lei ce l’ha proprio una trattoria a Cortiglione di Robella d’Asti. Un’altra cosa abbiamo in comune: reggiamo bene il vino. Ma lo reggiamo così bene il vino che se uscivamo con un ragazzo che voleva ubriacarci, alla fine dovevamo portarlo a casa noi. Che quando volevano ubriacarci, non riuscivano mai a guidare alla fine. Una volta Elena mi ha detto: stasera guido una Porsche! Ho capito che usciva con un ragazzo che voleva ubriacarla. Elena l’ha, poi, guidata la Porsche quella sera. Elena la chiamiamo anche “sarset”. La chiamiamo “sarset” perché una volta l’ha invitata a cena un ragazzo e le ha preparato per cena una insalata di “sarset”. Proprio solo una insalata di “sarset” senza neanche due uova. Perché lui mangiava poco, ma Elena non mangiava poco. Poi, le ha fatto anche vedere un incontro di sumo in tedesco. E allora, con lui, non è nato nessun sodalizio duraturo come con me. Elena è sempre stata calma. Lei non si agita mai. Non è come me che mi agito e parlo con la Rosina. Anche adesso che c’è il coronavirus, lei non si agita. Lei pensa che in ogni problema c’è anche la sua soluzione. Che se la soluzione dei mocassini è stata la trattoria, troveremo anche la soluzione giusta per il coronavirus. E quindi perché bisogna agitarsi?