Tempo di temporale

La Rosina e io oggi abbiamo iniziato la giornata con un fazzolettino bianco di carta in lavatrice con la roba nera. Avete presente la simpatia di un fazzolettino di carta bianca in lavatrice con la roba nera? Oh, ci siamo dette la Rosina e io: cominciamo bene la settimana eh. Dopo il fazzolettino di carta bianca in lavatrice, ha smesso di funzionare il caricabatteria del computer. Che se non funziona il computer, ciao, vi salutiamo la Rosina e io, e ci rivediamo chissà quando dopo la pandemonia. Adesso c’è aria di temporale. L’aria di temporale mi ha fatto venire in mente l’Amalia oca. La chiamavamo proprio così: l’Amalia oca. Era un signora che abitava vicino a mia nonna a Barcara di Refrancore e la chiamavamo l’Amalia oca perché quando camminava, ogni dieci passi, si girava a guardare indietro come fanno le oche. Con Cinzia, da piccole, ci divertivamo a contare fino a dieci e poi eravamo sicure che l’Amalia oca si girava a guardarci. L’Amalia oca mi è venuta in mente perché aveva paura dei temporali. Quando c’era il temporale l’Amalia oca non stava a casa da sola ma andava a dormire a casa dell’Antonia, che era la mamma di Cinzia. Noi l’Antonia la chiamavamo la Tonia. La Tonia non aveva paura dei temporali. La Tonia non aveva paura neanche se ogni tanto a casa sua si muovevano gli oggetti da soli e suonavano anche a volte. Ve lo giuro eh perché li ho visto e li ho sentiti. Io, da piccola, abitavo vicino alla Tonia e pensavo che fosse normale che a casa della Tonia si muovessero gli oggetti da soli e suonassero anche a volte. La Tonia non aveva paura. Anche Cinzia, sua figlia, non ha paura se ogni tanto si muovono gli oggetti da soli e suonano anche a volte. Io avrei paura se a casa mia ogni tanto si muovessero gli oggetti da soli e suonassero anche a volte. Per fortuna a casa mia gli oggetti né si muovono da soli e neanche suonano. Una volta, però, un oggetto a casa mia ha suonato che Elena se lo ricorda ancora oggi. Che adesso ve la racconto quella volta. Avevo trovato un bigliettino di auguri. Uno di quei bigliettini di auguri che quando li apri, suonano. Quel bigliettino di auguri suonava Bianco Natale. E io volevo capire come faceva a suonare Bianco Natale quando lo aprivi quel bigliettino di auguri. Così l’ho smontato e ho trovato perché suonava Bianco Natale. Ho pensato che potevo farlo suonare ancora Bianco Natale a quel bigliettino di auguri anche se non era più Natale. All’epoca abitavo a Torino e a Torino abitavo con Elena. Ho pensato che quel bigliettino di auguri potevo farlo suonare Bianco Natale di notte come gli oggetti che suonavano a casa della Tonia. La prima volta che ho fatto suonare Bianco Natale a quel bigliettino di auguri, Elena non ha avuto paura. Mi diceva: ma non lo senti Bianco Natale che suona? E io: no, no, non sento nessun Bianco Natale che suona. Le notti dopo che facevo suonare Bianco Natale a quel bigliettino di auguri, Elena ha cominciato ad accendere la luce. Appena sentiva Bianco Natale, tac, accendeva la luce. Io niente: non lo sentivo Bianco Natale che suona. Eh mica tutti lo sentono Bianco Natale che suona a maggio. Le notti dopo ancora Elena aspettava di sentire Bianco Natale che suona, e appena suonava Bianco Natale, Elena si alzava e andava in giro per la casa a cercare chi suonava Bianco Natale. Dopo un mese che di notte, a casa nostra, suonava Bianco Natale, Elena ha cominciato a pensare che Bianco Natale non suonasse per davvero. Elena ha cominciato a pensare che Bianco Natale suonasse solo nella sua testa. È solo qui che suona Bianco Natale, mi diceva puntando con un dito la sua testa. E allora gliel’ho dovuto dire che Bianco Natale non era nella sua testa, ma ero io che facevo suonare Bianco Natale, di notte, da un mese. Non si è neanche arrabbiata quando gliel’ho che ero io. Io mi sarei arrabbiata ma lei no. Elena non si arrabbia mai. Elena è sempre calma. Una volta l’è rimasto il tacco della scarpa infilato in una rotaia del tram e lei è caduta in mezzo alla strada a Torino. È caduta mentre stavano arrivando le macchine. Io mi sono spaventata a mille, ma lei no. Lei è rimasta tranquilla e mi ha detto: vedi, ho salvato anche la sigaretta. Ed era sdraiata in mezzo alla strada a Torino, mentre arrivavano le macchine. Ma lei aveva salvato la sigaretta ed era contenta. Che come dice il proverbio, chi vuol vivere e star bene prenda il mondo come viene.